Porto Santo Stefano da ricordare |
Il ponte sul Canale di Santa Liberata |
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Un tempo ormai lontano, quelli del continente che avessero voluto recarsi in auto all'Argentario, o viceversa gli indigeni di questo che avessero desiderato avventurarsi sulla "terraferma”, dovevano necessariamente passare per Orbetello e farsi la Diga nell'uno o nell'altro verso.
C'era, è vero, una strada sterrata sul Tombolo della Giannella, con un rustico ponticello sul Canale navigabile, ma niente di decente, polverosa, impraticabile. Meglio la Diga, e tante grazie al Granduca Leopoldo che l'aveva fatta costruire. Ma venne il tempo in cui l'asfalto cominciò a dilagare per la Penisola, e quella strada sterrata diventò un giorno una vera strada: la Provinciale n°36 della Giannella. Con gran gioia dei Nordisti che per andare a Porto Santo Stefano a fare il bagno o inebriarsi del profumo del mirto e del rosmarino, giunti all'Albinia svoltavano a destra e in quattro e quattr'otto erano arrivati, risparmiandosi Orbetello e l'aria non sempre salubre della laguna. Ma ogni strada, si sa, deve avere una sua continuità, se no serve a poco. E per dargliela, questa continuità, alla strada della Giannella, si pose a Santa Liberata il problema di superare il Canale che della santa porta il nome.. Un ponte. Occorreva un ponte adeguato. Un ponte nemmeno tanto lungo. Forse una ventina di metri. Un ponticello, si potrebbe dire. Costruire un ponte è sempre stata l'aspirazione recondita di ogni uomo. Superare le barriere naturali, il trionfo dell'uomo sulla natura, un atto di virilità, se vogliamo. E di ponti nella storia degli uomini ne sono stati costruiti un'infinità, di tutti i tipi: ponti fissi in pietra, ponti di barche, ponti sospesi, girevoli, ecc. Un tipo di ponte per ogni esigenza e secondo l'inventiva del progettista. Ed anche a Santa Liberata ponte fu. Ma non un ponte qualunque, di quelli che si notano solo quando ci passi sopra e vedi l'acqua sotto di te, ma un ponte tutto "sui generis", di quelli con il piano stradale che, a comando secondo le esigenze, va su e giù come un ascensore. Coloro che lo vollero non erano dei comuni mortali. Erano uomini che vedevano lontano. Curiosità: un fratello minore del Ponte di S. Liberata nelle Filippine, dall'altra parte del mondo Vedevano cose che gli altri uomini non potevano neppure immaginare. Vedevano per la laguna di Orbetello un futuro luminoso come crocevia nevralgico di comunicazioni marittime. Non solo i barconi trainati da rimorchiatori della Montedison che già andavano su e giù per il canale navigabile, ma navigli ben più importanti con merci e passeggeri da ogni dove verso il mare. Niente era da escludere...Il progresso non si poteva arrestare. E per consentire questo occorreva che questi navigli, per il canale di Santa Liberata, ci potessero transitare liberamente per raggiungere il mare aperto. Ecco quindi l'idea grandiosa: un ponte ad ascensore, che sollevandosi consentisse all'occorrenza il transito.... anche di un veliero, se fosse stato necessario. Quattro alte colonne a traliccio in ferro lungo le quali scorreva il piano stradale mobile, quattro contrappesi al loro interno, un motore per l'azionamento e un po' di cavi di acciaio qua e là.. Un gioiello della tecnica che nobilita il genere umano, avranno pensato i suoi creatori. Una orribile schifezza avranno pensato tutti gli altri.
E il ponte fu costruito. Dal 1955 al 1957. Ma non ebbe vita molto movimentata. Appena un anno dopo il suo completamento, nel 1958, contro ogni previsione di quelli che vedevano lontano, ogni attività di navigazione nella laguna cessò. La Montedison di Orbetello Scalo aveva deciso di affidare ai camions ed ai treni il trasporto delle materie prime di cui aveva bisogno e dei suoi prodotti finiti. La laguna di Orbetello tornava così ad essere dominio incontrastato di anguille e cefali in fregola di riproduzione e dei barchini dei pescatori impegnati a dar loro la caccia. Il canale navigabile cominciò ad insabbiarsi. Nella sua breve vita, un po' più di trent'anni, il ponte si sollevò solo poche volte, soprattutto nei primi tempi, per far passare qualche barcone e per la manutenzione. E' assodato che nessun veliero vi sia mai passato sotto. Poi è rimasto lì ad arrugginirsi e a deturpare il paesaggio, anticipo per i forestieri di quello che poi, purtroppo, avrebbero spesso incontrato inoltrandosi per l'Argentario. Nel '97 il ponte fu demolito e sostituito da un banalissimo, anonimo ponte fisso in calcestruzzo, lungo 24,70 metri e del costo di circa 1 miliardo ( Urp Provincia di Grosseto- 17.12.1997). Sotto vi possono transitare natanti di altezza non superiore a 3 metri. I velieri sono tagliati fuori.
--------------------------- Nota: Le fotografie del ponte, riportate su"Monte Argentario - Storia, religione, pesca e curiosità" di Igino Terramoccia sono state gentilmente fornite dall'autore |
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2008 - Capodomo - di Raul Cristoforetti
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